Posted on February 5, 2020 by
Karpos e Ale Zeni

Era destino che le strade di un atleta come Ale Zeni e Karpos si unissero. Non è stato un incontro casuale. I segnali potevano già leggersi in tanti piccoli dettagli, piccole cose che con il senno di poi ci si accorge potevano essere dei segni premonitori.
Ad esempio la casa di Alessandro a Mezzano nella valle del Primiero dista non più di 20 chilometri dalla sede di Karpos a Fonzaso, incredibilmente vicini, ma ancor di più se consideriamo che le Vette Feltrine con il Monte Pavione sono il ponte che le unisce.

Alessandro è stato varie volte ritratto in azione dal padre scultore, e le opere sono da tempo in azienda, ma per una serie di coincidenze lo staff di Karpos non le aveva associate a questo fortissimo arrampicatore su placca.
Questo atleta incredibile era osservato e seguito mentre stava crescendo in quella sorta di “palestra locale”, ma mai avevano avuto l’occasione di incontrarlo e conoscerlo. Poi invece, in modo quasi fortuito, Karpos e Ale si sono incrociati e hanno scoperto di essere figli delle stesse passioni e delle stesse montagne.

La collaborazione durerà tre anni e avrà l’obiettivo
di ricercare nuove linee, nuovi itinerari, che portino dalle falesie al multipitch, con una crescita naturale e una maturazione per entrambi.
L’arte dell’arrampicatore si fonderà a quella manifatturiera di chi come Karpos crea capi per poter uscire dalla comoda confort zone per poter contribuire ad elevare i limiti di ciascuno.

BIOGRAFIA DI ALE ZENI

Creare una scultura talmente bella che sapesse stupire e regalare emozioni a coloro che ne avessero posato lo sguardo. E' stato questo, per vari anni il mantra di Ale Zeni, nato nelle Dolomiti ai piedi delle Pale di San Martino ,da padre scultore e madre pittrice.
Così che anche lui, fin da piccolo, immaginava di poter essere un artista

Ma il destino volle sviluppare in altro modo il suo talento : un giorno Ale alzò lo sguardo e vide le montagne.
Enormi vette si innalzavano sopra la sua testa, semplici sassi per alcuni, ma ai suoi occhi da bambino apparvero come degli enormi quadri da dipingere.
A 16 anni e si accorse che la scalata era una pratica che gli veniva del tutto naturale, gli piaceva quel volteggiare per aria, sentire il vuoto sotto di lui, e ascoltare le sensazioni del suo corpo.
Quasi senza rendersene conto miglioro' in maniera velocissima.

La parete del monte Tatoga, fu il teatro dove inizio' ad esprimersi al meglio, in pochi anni ripete' le piu' belle vie aperte da Manolo e sviluppo' quel misto di forza di dita, sensibilità ed equilibrio indispensabili per eccellere nelle scalate su placca.

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